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Trattato sul nivofilo - parte prima   Inserito il› 04/03/2009 11.05.26
Aggiornato il› 08/03/2009 20.02.49

Già, la neve. Ma siamo sicuri di conoscerla bene? Sappiamo tutti i suoi segreti? Certo, la neve è stata studiata e ristudiata da schiere di fisici, chimici, meteorologi e climatologi in ogni sua forma e trasformazione. Di lei sappiamo molto, anche perché, quando è tanta e decide di scendere dal monte tutta insieme, ci fa paura quindi, nel tempo, è stata presa in considerazione da tutta una serie di esperti in materia.

Ma non è questo il punto. La domanda di fondo, presa in prestito dallo stile di Manzoni, posta all’inizio di questo scritto, non vuole una risposta scientifica. Ne cerca un’altra.

Quando, durante una bella nevicata, i server dei forum meteo rischiano di saltare, visto l’altissimo numero di partecipanti, succede qualcosa che non riusciamo pienamente a comprendere supera i confini della passione e sfocia in qualcosa d’altro.
 

Ai miei tempi di forum neanche a parlarne, anche perché “internet” era una parola sconosciuta, quindi dimenticatevi tutto ciò che oggi sembra normale. Acronimi o sigle come GFS, ECMWF o LAMMA o BOLAM potevano al massimo essere associate a qualche personaggio dei manga giapponesi tipo Atlas Ufo Robot o Capitan Harlock o alle varie serie di Star Trek e Spazio 1999.

I nostri idoli si chiamavano Edmondo Bernacca, Andrea Baroni e Guido Caroselli.
Per alcuni di noi più fortunati, che abitavano sul confine svizzero, significava avere al massimo un bollettino in più, quello di Locarno Monti…

Abbiamo vissuto le nevicate storiche degli anni ’70 e ’80 e, assieme ad esse, una miscela di emozioni, delusioni, euforie, speranze, pensando di essere persone rare, nel senso di essere in un certo qual modo dei malati mentali.

Non c’erano i mezzi per potersi confrontare, quindi si pensava di essere soli, incompresi, vessati dai genitori che urlavano: “Basta! Chiudi quella finestra che ci fai congelare!” Oppure :“Ma dove vai ancora?” e, alla nostra risposta:”Vado a misurare quanta ce n’è”, ti riempivano di epiteti non pronunciabili oppure ti mettevano via con un :“Ma vai a studiare piuttosto di pensare alla neve!”

E poi c’era l’ora di “Che tempo fa” dove agognavi tre minuti di silenzio, oppure scappavi da tavola perché sentivi la musichetta (indimenticabile) della sigla, quindi tua madre ti intimava di finire di mangiare e tu andavi di là lo stesso perché, assolutamente, c’era da capire se sarebbe arrivata LEI.

Manco fosse la donna più bella del mondo, dico io.

Che poi, quando arrivava veramente… la morosa intendo, se nevicava, povera lei, perché doveva dividerti… con un lampione!

Ma cosa non si fa in suo nome! E quali piccole manie sono cresciute con gli anni e l’esperienza, quanti stratagemmi per capire, osservare, anticipare, insomma una vera e propria malattia che potremmo chiamare benissimo (come mi suggeriva un brillante forumista ultimamente): NIVOFILIA COMPULSIVA.
 

Chi soffre di questa malattia si metta l’anima in pace perchè la cura non esiste e, con le dovute evoluzioni dovute all’età, ce la si porta dietro tutta la vita.

Si trasmette spesso da padre in figlio e (per esperienza diretta) non viene trasmessa solo per emulazione ma principalmente per via cromosomica.

Normalmente i primi sintomi non si capiscono da soli, poichè si manifesta già in tenera età e quindi si sviluppa negli anni, peggiorando, alimentata dall’esperienza, dagli studi sulla materia “neve” e da altri sconosciuti motivi.

Il soggetto manifesta tutti i sintomi specialmente nella stagione invernale e, come un raffreddore, ecco arrivare i primi segnali non appena la situazione meteorologica è favorevole ad una bella nevicata.

Oggi, a differenza di ieri, la malattia è molto più contagiosa e può essere presa anche attraverso la rete!

Negli giorni immediatamente precedenti una possibile nevicata, il soggetto può soffrire di palpitazioni o attacchi di ansia con difficoltà respiratorie. Durante le uscite dei vari “run” di previsione, può succedere che il soggetto vada in apnea tra una carta e l’altra. Le apnee, come sanno bene i “russatori”, sono pericolose e possono portare dei danni al sistema cardiocircolatorio.

Ma la questione diventa seria all’inizio dell’evento nevoso, specie se sopraggiunge la sera all’approssimarsi del buio. Il nivofilo compulsivo può essere colto da una forma associabile al “Ballo di S.Vito” in quanto, se chiuso tra le pareti domestiche, inizierà a correre da una finestra all’altra in cerca, non solo dell’amico lampione, famosissimo oramai tra i nivofili, ma per cercare altri punti di riferimento conosciuti a lui soltanto, dove potrà valutare l’intensità del fenomeno.
 
Chi è vicino sentimentalmente al soggetto deve assecondarlo, e deve avere una gran pazienza.
 
La notte, per il nivofilo compulsivo, è un momento molto delicato. La perdita del sonno è molto frequente in questi casi. Il soggetto tenderà l’orecchio per accertarsi che i suoni provenienti dall’esterno siano sempre ovattati e interrotti di tanto in tanto dal rumore degli spazzaneve. Anche se dovesse prendere sonno il poveretto andrebbe incontro a incubi spaventosi, costellati di piogge monsoniche sopra lo strato di neve, con disgeli repentini e giornate afose con trenta gradi.

Guai se dovesse svegliarsi in piena notte al rumore di acqua che scorre nei pluviali! Potrebbe avere un malore. In questi casi, spesso, il soggetto balza dal letto svegliando la malcapitata al suo fianco, e corre alla finestra più accreditata. Nel caso dovesse piovere, il poveretto cadrebbe nella fase “down” della malattia: la “Sindrome Depressiva da fine evento”.

Nella sua mente, in quel momento, nulla conta di più della tragedia che si sta consumando. Nessuno riesce a consolarlo e, spesso, il soggetto si chiude in un silenzio che può durare ore o giorni. La sua vita è finita, e non c’è niente che si possa fare per convincerlo del contrario.
 

Sono conosciuti anche casi di “allucinazioni da lampione”, nel senso che il soggetto vede piccoli fiocchi di neve anche in totale assenza di precipitazioni. Il desiderio di neve è talmente forte che il cervello produce l’immagine del desiderio stesso composto da fiocchi di neve inesistenti. Lo stesso può capitare in pieno giorno per le zone favorevoli al contrasto (vedi più sotto).

Nella vita quotidiana, il nivofilo compulsivo, può andare incontro a problemi dovuti alle interrelazioni con altre persone in ambito scolastico, lavorativo o affettivo. Lo studente può essere ripreso e redarguito in quanto, durante una nevicata, viene assorbito completamente dal panorama che si può osservare da una finestra, specialmente se lo sguardo si può soffermare su zone scure come sottotetti o fronde di conifere, dove il contrasto con i fiocchi di neve è più forte, ed è quindi possibile apprezzare la qualità e l’intensità della precipitazioni. (segue)
 

 

Succ.
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