PREMESSA
L'autunno 2007 ha chiuso in deficit pluviometrico con le precipitazioni concentrate in due importanti episodi: uno a fine settembre per merito di un ingresso freddo dal Rodano ed un secondo nella terza decade di novembre. Quest'ultimo, pur non essendo stato quantitativamente eccezionale, è risultato a mio avviso interessante perchè rappresentativo di una configurazione barica prettamente autunnale. Sono tornate le piogge dal sapore antico, quelle che risalgono dal Mediterraneo ancora tiepido. Una dinamica di eventi già divulgata da oltre trent'anni con la nascita delle trasmissione televisive di meteorologia. Eppure queste piogge autunnali ben distribuite su intere regioni negli ultimi due anni si sono fatte desiderare, mentre in annate precedenti sono risultate oltremodo abbondanti.
L'evento oggetto di questa analisi è quindi il prototipo della tipica ondata di maltempo del tardo autunno che è potenzialmente pericolosa sul piano idrogeologico. Senza volere ricordare le grandi alluvioni di novembre del Polesine e dell'Astigiano, si pensi alle non così rare esondazioni dei laghi Maggiore e di Como (l'ultima risale al novembre del 2002). Ebbene la parola chiave di questi eventi non è tanto l'intensità delle precipitazioni, quanto la persistenza.
SITUAZIONE GENERALE
Ecco la situazione fotografata dal meteosat relativa al 22 e 23 novembre, giornate in cui in Lombardia si è registrato quasi tutto il quantitativo pluviometrico di Novembre.
In questa prima immagine si nota la discesa di aria artica dalla Groenlandia evidenziata dal flusso simile ad una strada lastricata per via delle numerose nubi cumuliformi. L'aria fredda si getta nel mare di Alboran (tra lo stretto di Gibilterra e le isole Baleari) fino a raggiungere le coste del Marocco ed evoca "analogamente ad un gioco di sponde su un tavolo da biliardo" una risposta calda nordafricana in direzione dell'Italia. L'aria subtropicale continentale giunge sull'Italia settentrionale sottoforma di venti di ostro e di scirocco saturi dell'umidità raccolta durante il lungo percorso sul Tirreno. Lo scorrimento dell'aria calda ed umida sopra l'aria più fredda preesistente provoca estesa nuvolosità stratificata e compatta su tutto il Mediterraneo.
In questa seconda immagine meteosat relativa alle successive 24 ore si distinguono meglio il fronte di aria calda in risalita dal Tirreno e il fronte d'aria fredda sulle Baleari. Si può notare un principio di invorticamento sul Mare di Corsica: è la fase "giovanile" dell'evoluzione di una depressione extratropicale, fase in cui il vortice è ancora alimentato attivamente dalla discesa artica.
Per comprendere il meccanismo di questa fase perturbata è necessario iniziare un'analisi a partire dalla quota di 300 hPa, sede della corrente a getto nel semestre freddo. La mappa mostra un'ondulazione molto profonda del getto polare con minimo relativo sullo Stretto di Gibilterra: l'Italia si trova quindi sul fianco occidentale dell'onda di Rossby, costituita da un vasto sistema di alta pressione di origine subtropicale. Proprio sul braccio ascendente dell'ondulazione la corrente a getto, nell'imboccare il tratto rettilineo, tende ad accelerare. Laddove il getto accelera c'è una riduzione di massa: la colonna d'aria tende quindi ad alleggerirsi. Al fine di compensare tale alleggerimento (in accordo con il principio di conservazione di massa) nei bassi strati l'aria tende a convergere nella colonna. In quest'area di convergenza al suolo, situata davavanti al getto, vi sarà la massima probabilità di incontrare il vortice ciclonico. Il persistere di una divergenza della corrente a getto coincide quindi con il perseverare del tempo perturbato. In effetti più l'onda di Rossby è profonda, tanto più lenta è la sua traslazione verso est. Pertanto, a meno che l'onda non venga chiusa (cut-off) per una spallata del getto da occidente, tale situazione di blocco può insistere per più giorni.
In questo episodio il ripristino della circolazione occidentale, dovuta ad una ripresa di attività del vortice polare, ha infatti sbloccato la situazione dopo solo tre giorni di maltempo. In annate predenti questa "fase di blocco" ha invece avuto una persistenza molto più lunga.
Le zone in cui è osservabile una divergenza del getto sono situate quasi sempre poco più avanti dell'asse della saccatura e corrispondono alle zone ove c'è maggiore curvatura delle correnti, maggiore accelerazione angolare o nel linguaggio tecnico avvezione positiva di vorticità. Ed è proprio in queste zone "vorticose" che si osservano i nuclei dotati di maggiore velocità ascendente, ove è possibile un'accelerazione del processo di condensazione del vapore acqueo.
Risulta rappresentativo prendere in considerazione il livello di media troposfera a 700 hPa, in quanto è lì che grazie ai moti ascendenti si formano le più comuni nubi foriere di precipitazioni. Osserviamo a tale proposito la mappa relativa a venerdì 23 novembre. I nuclei di maggiore velocità ascensionale (corrispondenti ai nuclei di precipitazioni) sono concentrati sul Nord Italia, non molto avanti all'asse di saccatura.
Ecco la sequenza delle mappe relative ai quattro giorni in cui si è protratta questa fase perturbata: iniziamo ad esaminare la situazione in media troposfera alla superficie di 500 hPa.
Mercoledì 21: l'esile ponte anticiclonico esteso tra l'Atlantico e la Scandinavia (che aveva isolato una grossa goccia fredda al largo del Golfo di Biscaglia) si rompe sotto l'incalzare di correnti settentrionali annesse ad un'ansa del vortice polare.
Giovedì 22: La saccatura si approfondisce assumendo una forma a "V". L'irruzione di aria artica marittima fin sull'entroterra marocchino provoca, in accordo al principio di conservazione della quantità di moto, un'altrettanto intensa risposta meridionale verso il Centro-Nord Italia. In questa fase le regioni meridionali risultano spesso protette da una lieve onda altopressoria subtropicale.
21-22 novembre - Analisi a 500 hPa su base ECMWF elaborazione Aeronautica Militare Italiana
Venerdì 23: la stretta saccatura si approfondisce ulteriormente con calo dei geopotenziali ed ingresso di aria più fredda in quota. E' ormai la fase di attiva ciclogenesi sul Mediterraneo.
Sabato 24: la spinta dell'anticiclone delle Azzorre "strozza" la saccatura, tagliando il carburante fornito dall'aria fredda. E' un caso fortunato che pone fine all'ondata di maltempo da ricercarsi probabimente in un approfondimento del vortice polare nel comparto canadese. La goccia fredda viene respinta verso il Marocco e sembra destinata a dissiparsi per attrito, anche se come poi sapremo verrà riattivata da un'infiltrazione di aria fredda atlantica e traslerà verso lo Ionio.
L'ultima pesante "fase di maltempo del tardo autunno" risale a novembre 2002. Contrariamente a quest'anno la circolazione depressionaria nel Mediterraneo Occcidentale venne continuamente rigenerata da nuovi apporti nordatlantici, protraendosi per oltre due settimane. Le pioggie persistenti, alternate a fasi di intenso scirocco, apportarono accumuli mensili in Lombardia localmente superiori ai 300mm.
23-24 novembre - Analisi a 500 hPa su base ECMWF elaborazione Aeronautica Militare Italiana
Analizziamo ora la situazione al suolo descritta dalle mappe sinottiche che testimoniano un imponente scambio meridiano diretto dal Nord-Africa verso il Centro-Europa.
Mercoledì 21: si intensifica il flusso meridionale e con esso anche la nuvolosità stratificata che precede il sistema frontale. Sull'italia le isobare sono orientate tra Sud e SE ed hanno ancora una curvatura anticiclonica: interessante notare il "naso" favonico sulla pianura padana, dovuto per l'appunto all'impattare sopravvento alle Alpi delle correnti sciroccali.
Giovedì 22: persistono le correnti meridionali ed il sistema frontale avanza lentamente abbordando i mari ad Ovest della nostra penisola. Il sistema frontale è quasi stazionario: una lunga banda nuvolosa estesa dal Nord Africa alla Scandinavia che sembra non volere progredire verso levante. Il sistema nuvoloso ha le caratteristiche di un fronte caldo ed è costituito da nuvolosità stratiforme e compatta dalla quale cadono pioggie omogenee e persistenti: le nubi sembrano continuamente rigenerarsi avanzando da Sud verso Nord.
Venerdì 23: il fronte quasi stazionario ha guadagnato non più di 300 chilometri verso levante, ma la linea frontale inizia leggermente a distorcersi sul mare di Corsica in corrispondenza del minimo della depressione. Inizia a distinguersi un fronte caldo che insiste sulle regioni settentrionali ed un fronte freddo che punta verso le nostre isole maggiori. Con il passare delle ore la nuvolosità inizia ad invortcarsi attorno al minimo depressionario. Il tempo peggiora anche sul Tirreno meridionale, mentre in Lombardia piove quasi ininterrottamente ormai da 48 ore.
Sabato 24: interviene un cuneo di alta pressione dalle Azzorre che "taglia i viveri" alla depressione ormai in stadio di maturità. Si attenuano anche le correnti meridionali, mentre le piogge perdono il carattere di persistenza e si fanno più sparse. In giornata sono state segnalate precipitazioni residue sui settori orientali della Lombardia dovute al rientro del fronte caldo da SE nel suo moto di rotazione attorno al minimo depressionario.
Per completare l'inquadramento della situazione meteorologica su scala continentale non resta che analizzare la distribuzione delle isoterme in bassa troposfera.
Premetto che nei giorni precedenti a questo episodio perturbato l'Italia era stata raggiunta da un'irruzione artica. In quasi tutti i settori della Pianura Padana il freddo si era accumulato nei bassi strati costituendo il noto "cuscino". Un freddo forse sufficiente a sperare in "nevicate al limite" anche a quote basse.
Tuttavia a poche ore dal termine dell'irruzione fredda iniziava a scorrere in quota aria più temperata e più umida, innalzando così il livello dello zero termico. In un primo momento il flusso sudoccidentale non era caratterizzato da apprezzabili moti ascensionali, per cui non vi sono state precipitazioni. Il peggioramento "più serio" delle condizioni del tempo è iniziato mercoledì 21 novembre: l'analisi ad 850 hPa dimostra che era in atto una poderosa avvezione calda, resa evidente dal fatto che le isobare orientate da Sud erano quasi perpendicolari alle isoterme. La massa d'aria tropicale proveniente dall'entroterra algerino ha conquistato tutto il Mediterraneo centro-occidentale con isoterme di +10°C a circa 1500 mt che si sono spinte oltralpe fin sulla Germania.
Il trasporto di aria calda ed umida si è fatto maggiormente sentire più alle quote medie che non al suolo. E' evidente quanto l'orografia italiana abbia inizialmente ostacolato l'invasione calda: il catino padano ha conservato infatti le isoterme più basse con valori che, localmente nei settori occidentali più riparati, sono rimasti prossimi a 0°C.
Mercoledì 21 novembre: analisi ad 850 hPa con riferimento all'aspetto termico - FONTE www.wetterzentrale.de
Come si può notare nella mappa sotto l'intenso flusso meridionale non è riuscito a rimuovere totalmente il cuscino di aria fredda dalla Val Padana nemmeno nelle succesive 24 ore: l'aria calda ha continuato a scorrere su un piano inclinato più freddo. In quota c'è stato un progressivo incremento termico; al suolo la temperatura è risalita, ma non in modo apprezzabile. Il profilo verticale dell'atmosfera tipico è caratterizzato da inversioni termiche in quota nell'area prefrontale e al suolo al passaggio del fronte caldo.
Giovedì 22 novembre: analisi ad 850 hPa con riferimento all'aspetto termico - FONTE www.wetterzentrale.de
Dall'analisi su scala continentale di questo evento potremmo dedurre per analogia che le alluvioni autunnali del passato nel Nord Italia siano state da ricondurre alla persistenza di un lungo sistema frontale in lenta progressione verso Est. Questo in parte è vero, ma non è da trascurare il pesante fattore locale costituito dallo sbarramento alpino (Stau). L'intensità e soprattutto la persistenza delle precipitazioni in Lombardia, Piemonte, Liguria ed Emilia è condizionata quindi dalla particolare orografia, dal riparo o dall'esposizione alle correnti: si tratta di elementi che vengono conosciuti con l'esperienza maturata con i molti anni trascorsi vivendo nella località. Durante la fase di maltempo del 21-24 novembre 2007 in Lombardia e nelle zone limitrofe si sono verificate pioggie diffuse ed insistenti, è tornata la neve in montagna, non è mancato qualche temporale: eventi per l'appunto dovuti alla diversità del microclima.