Premessa
Le nevicate precoci che si sono verificate quest’anno anche in pianura a partire dal 24 novembre hanno ricordato inverni di altri tempi, in cui forse ogni occasione era buona per vedere la Lombardia imbiancata; ma, senza andare tanto lontano, anche il novembre 2005 offrì un’occasione simile: quell’inverno fu poi caratterizzato dal ripetersi di episodi nevosi culminati nella importante nevicata del 26-27 gennaio 2006.
Somaglia (Lo), 29 novembre 2008
Le prime tre nevicate di questa stagione (ma anche la quarta, di cui non ci occuperemo in questo articolo) ci hanno sorpreso soprattutto per le condizioni termiche in cui si sono verificate: in poche parole, non sono state accompagnate dal grande freddo. Si consideri che le temperature medie della terza decade di novembre e della prima di dicembre sono risultate leggermente inferiori alle medie di riferimento, ma solo perché si tratta di decadi non ancora prettamente invernali: in valori assoluti, le temperature sono sempre state superiori a quelle che ci si può attendere normalmente in gennaio o febbraio.
Dunque come mai è nevicato? I tre episodi del 24, 28, e 1 dicembre hanno avuto cause e modalità diverse, tanto da poter essere considerate tre nevicate “didattiche”; tutte sono figlie però della originaria avvezione di aria artico-marittima verificatasi il 21 novembre.
L’irruzione, giunta direttamente dalle latitudini polari a nord della Groenlandia, è stata molto intensa in termini di intensità del flusso – grazie ad una corrente a getto molto veloce – tanto che l’inevitabile situazione di fohn generatasi sottovento alle Alpi nelle 48 ore successive al suo arrivo è stata caratterizzata da diversi episodi di “sfondamento”, con nuvolosità che è riuscita quindi a portarsi, localmente, sul versante meridionale delle vallate alpine.
L’arrivo dell’aria artico-marittima, correttamente previsto dai modelli con diversi giorni di anticipo, è stato effettivamente un episodio di rottura delle condizioni termiche di novembre largamente superiori alla norma: tuttavia in valore assoluto i valori termici non si sono abbassati in modo eccezionale.
Grafico mensile della stazione CML di Galgiana (Lecco)
Fino alla mattina del 23 lo zero termico è rimasto superiore ai 1000 metri, partendo dai 3100 metri della notte fra il 20 e il 21 (prima dell’irruzione).
Anche la temperatura alla quota isobarica di 850 hpa è rimasta relativamente elevata, tanto che all’inizio delle tre nevicate era largamente superiore alla fatidica “meno cinque” che tradizionalmente ci garantisce la possibilità di vedere neve anziché pioggia. Ma occorre subito notare un fatto importante: i geopotenziali piuttosto bassi fanno sì che la temperatura a 850 hpa corrisponda ad una quota relativamente bassa: pertanto una “meno tre” con geopotenziale a 1300 metri sarà efficace – ai fini della possibile quota neve – quanto una “meno quattro” a 1450 metri.
Questi i valori della temperatura a 850 hpa e la relativa quota della superficie isobarica nonché dello zero termico durante le tre nevicate:
Si osserva quindi come le temperature a 850 hpa non fossero, in generale, molto basse, ma bassa era la quota a cui queste si verificavano.
Tuttavia questa considerazione non è ancora sufficiente a giustificare i fenomeni, stante la quota dello zero termico ancora piuttosto elevata, soprattutto all’inizio delle precipitazioni (indicativamente alla mezzanotte dei tre giorni considerati).
Tornando quindi all’irruzione del 21 novembre, osserviamo subito le caratteristiche che assume la massa d’aria in arrivo, attraverso il grafico della temperatura e del punto di rugiada in una delle stazioni del Centro Meteo Lombardo, quella di Valmadrera:
L’entrata del fohn avviene poco dopo le 18 del giorno 21. La temperatura si innalza repentinamente per compressione, sfiorando i 15 gradi con un aumento di 7 gradi in poche decine di minuti. Contemporaneamente l’umidità comincia a diminuire, comportando una diminuzione del punto di rugiada.
L’entrata dell’aria fredda prosegue nelle ore successive e la temperatura tende a riscendere, ma, perdurando l’effetto dinamico del föhn ed il rimescolamento dell’aria, i valori al suolo si mantengono comunque superiori ai 6 gradi.
Notevole è invece l’abbassamento del punto di rugiada, che supera entro la mezzanotte i -8 gradi per oscillare in seguito tra -4 e -6.
L’episodio del 24 novembre: nevicata post-favonica in aria secca
E’ proprio in questa secchezza dell’aria, causata dall’effetto favonico, che sta la chiave della prima nevicata.
Naturalmente, la prima condizione necessaria era che si verificasse la possibilità di avere precipitazioni. Spesso alle irruzioni favoniche fa seguito un periodo piuttosto lungo di calma anticiclonica, che fa sedimentare l’aria fredda nei bassi strati ma consente anche il riaccumulo dell’umidità: così che, tardando l’arrivo di una potenziale precipitazione, le condizioni create dal fohn si sono ormai deteriorate.
In questo caso, invece, all’irruzione del 21 ha fatto seguito dopo sole 24 ore l’approssimarsi di un nuovo impulso con traiettoria leggermente più occidentale:
Dalla mappa a 850 hpa del giorno 23 si nota il centro motore della prima irruzione centrato sui paesi baltici, ed il nuovo minimo a nord dell’Inghilterra che guida una intensa corrente con direttrice Groenlandia – Irlanda- Francia (si confronti la corrente del giorno 21, che attraversava invece il Mare del Nord arrivando direttamente contro le Alpi).
La mappa al suolo mostra il nuovo fronte in avvicinamento, che alla mezzanotte del 23 è a ridosso dell’Irlanda.
Le condizioni termiche, il giorno prima, sembrano al limite: la “meno cinque” è al di là delle Alpi, e si prospetta l’arrivo del “settore caldo” (l’onda “gialla” delineata sulla Francia nella mappa a 850 hpa, che precede il nuovo fronte freddo). Inoltre, la giornata soleggiata ha mantenuto le temperature diurne vicine ai 10 gradi in pianura.
Le correnti meridionali che si instaurano davanti al nuovo fronte in arrivo coprono il cielo dopo il tramonto, interrompendo il raffreddamento da irraggiamento serale in tutta la pianura.
Quello che si nota immediatamente, però è l’estrema secchezza dell’aria, con punto di rugiada anche inferiore a -10 in molte stazioni.
Alla mezzanotte del giorno 24, quando si segnalano le prime deboli precipitazioni, queste sono le carte:
Benché la temperatura al suolo sia quasi ovunque intorno ai 3 o 4 gradi in pianura, vanno osservate le caratteristiche della colonna d’aria soprastante. Riportiamo un diagramma semplificato del sondaggio di Milano Linate, in cui le temperature sono poste linearmente sull’asse delle ascisse, per una più immediata comprensione:
Si può osservare innanzitutto che lo zero termico è vicino ai 1000 metri; al suolo c’è anche una leggera inversione per cui intorno ai 300 metri di quota, sopra Linate, si sfiorano i 5 gradi.
Si nota anche che, seppure a 850 hpa la temperatura è di -3, essendo molto bassa la quota di questa superficie isobarica, a 1500 metri siamo già fra -4 e -5.
Ma quello che è più significativo è la curva del punto di rugiada (in rosso nel grafico): la sua distanza dalla curva della temperatura (in blu) è proporzionale alla secchezza dell’aria, e dà un’idea di quanto l’aria stessa possa ancora raffreddarsi mano a mano che l’umidità viene a saturazione sottraendo calore durante il processo. La colonna è estremamente secca fino a 1700 metri, poi appare uno strato di aria satura, corrispondente allo strato nuvoloso che termina con una piccola inversione a 3000 metri.
Osserviamo il grafico dell’andamento termometrico nella stessa stazione di Valmadrera per la quale avevamo visto il momento dell’entrata del föhn.
Fino al tramonto la temperatura è alta (oltre 7 gradi) e il punto di rugiada estremamente basso (intorno a -12).
Poi inizia il raffreddamento per irraggiamento, con leggera umidificazione dell’aria, leggibile dall’aumento del punto di rugiada che si attesta comunque intorno ai -6.
Interviene quindi la copertura nuvolosa (la temperatura risale leggermente) e a mezzanotte cominciano le prime deboli precipitazioni: localmente si presentano sotto forma di pioviggine oppure di palline ghiacciate. L’aria tende rapidamente a umidificarsi e il punto di rugiada sale decisamente. Tra l’una e le 4 della notte il processo si compie: le precipitazioni scendono sotto forma di neve avendo già saturato, dall’alto, gli strati d’aria attraversati, sottraendo loro calore per condensazione, processo che al suolo porta la temperatura a scendere da 3,5 a zero gradi e contemporaneamente il punto di rugiada a salire fino ad approssimarsi allo zero.
Le nevicate termineranno poi introno all’alba, grazie al rapido allontanarsi del fronte ed alla rotazione delle correnti non più favorevoli alle precipitazioni.
Il sondaggio di Milano Linate alle ore 12 mostra le caratteristiche della colonna d’aria dopo la saturazione avvenuta grazie alle precipitazioni:
La colonna è pressoché satura fino a 2300 metri, dove termina probabilmente lo strato di nubi basse rimasto a coprire la Valpadana per tutta la giornata.
Mettiamo a confronto il solo andamento termico nei due sondaggi, prima e dopo la nevicata:
Si osserva che la linea blu (ore 00) è arretrata nei bassi strati (ore 12, linea rossa), esattamente laddove l’aria era secca (fino a 2300 metri di quota), causando l’abbassamento dello zero termico da 925 a meno di 500 metri. Oltre i 3000 metri, la diminuzione di temperatura è invece dovuta alla differenza tra la temperatura dell’aria pre-frontale e quella post-frontale in quota.
Questo è dunque il comportamento di una tipica nevicata post-favonica intervenuta entro pochi giorni dall’irruzione-madre.
Esaminiamo la distribuzione degli accumuli nevosi come risulta dalle osservazioni delle stazioni della rete CML:
Le precipitazioni nel complesso non sono state abbondanti e si sono manifestate prevalentemente sotto forma di neve. Le aree prive di accumulo (Piemonte, varesotto, Ticino, alto Lario, ecc.) sono pertanto state penalizzate soprattutto dalla scarsezza delle precipitazioni stesse. Dove le precipitazioni sono state più persistenti, hanno prodotto in pianura meno di 5 cm, che sono aumentati in prossimità dei rilievi in parte per una componente orografica che ne ha accentuato l’intensità, in parte per la maggior possibilità che ha avuto la neve di cadere con temperatura inferiore allo zero, e quindi con maggior capacità di “fare spessore” senza compattarsi.
L’episodio del 28 novembre: nevicata da scorrimento su debole cuscino
Completamente diverse le condizioni del secondo episodio.
L’aria giacente sul nord Italia è ancora frutto delle precedenti irruzioni artico-marittime. Non c’è più però la colonna di aria secca prodotta dal fohn.
Quattro notti con deboli gelate, successive alla nevicata del 24, indicano però il formarsi di un debole “cuscino” (sacca di aria fredda nei bassi strati “intrappolata” tra Alpi ed Appennini). Il giorno 27, un fragile cuneo di alta pressione favorisce un leggero rientro da est di aria leggermente più secca, come si può intuire dalla carta al suolo.
Qui si intravede già la prevista risalita di aria instabile addirittura dall’Africa (si vedano le linee di instabilità che si susseguano da Gibilterra alla Corsica).
Alla mezzanotte del 28 novembre si è formata una profonda depressione sul Mediterraneo occidentale, che tende a spingere aria calda e umida verso nord.
Le condizioni della colonna d’aria sono piuttosto irregolari: l’aria non è satura, e presenta alcune stratificazioni di aria più secca in quota. Comunque, il punto di rugiada è decisamente più alto dell’altra volta, anche se ovunque inferiore allo zero:
Altri fattori da osservare, lo zero termico relativamente basso (a 729 metri, grazie al debole “cuscino” che si spinge fino a quota 1200, dove la temperatura smette di scendere); e la temperatura a 850 hpa, che è di -3,1 ma con geopotenziale abbastanza basso, il che significa che questa temperatura si trova comunque a 1380 metri.
Dato per scontato che il richiamo di aria da sudest avrebbe senz’altro elevato le temperature a tutte le quote, la possibilità di nevicate al piano era legata al residuo scarto tra temperatura e punto di rugiada (che avrebbe potuto consentire il raffreddamento, come nel caso del giorno 24, per evaporazione) ed all’intensità delle precipitazioni.
Questo secondo fattore è stato determinante per consentire che si verificasse un sufficiente raffreddamento almeno negli strati più bassi.
Osserviamo il grafico dell’andamento termico, sempre alla stazione di Valmadrera, nella giornata del 28.
La copertura nuvolosa fa sì che la temperatura, ma anche il punto di rugiada, tendano a risalire dopo l’iniziale irraggiamento serale, fino all’inizio delle precipitazioni che avviene intorno alle 5.
La precipitazione, di moderata intensità, riesce a raffreddare la colonna d’aria quanto basta per presentarsi sotto forma di neve, riportando la temperatura in prossimità dello zero. Nel corso della giornata, l’intensità delle precipitazioni vedrà fasi alternate di maggiore o minore intensità, per cui pur in un trend complessivamente teso all’aumento, si notano momenti in cui a precipitazioni maggiori corrisponde un temporaneo abbassamento della temperatura: in quelle occasioni tornava a presentarsi sotto forma di neve mentre, soprattutto dalle 12 in poi, compariva sempre più spesso la pioggia.
Significativo il sondaggio delle ore 12:
La colonna d’aria è completamente satura, ma dai 700 metri in giù (esattamente la quota dello zero termico) il raffreddamento dovuto alle stesse precipitazioni ha prodotto una omotermia che si è estesa fin quasi al livello del suolo. Al di sopra di questa quota, invece, la temperatura è decisamente aumentata, e continuerà ad aumentare fino alla mezzanotte successiva con il graduale inserimento dell’aria di origine afromediterranea proveniente da sud-est. Lo si osserva dal grafico seguente che mette a confronto i tre sondaggi della giornata:
Dalla mezzanotte (linea blu) alle 12 (linea rossa) del 28, la temperatura diminuisce nello strato sotto i 700 metri, mentre comincia ad aumentare al di sopra, annullando le deboli inversioni presenti in quota; alla mezzanotte successiva (linea verde) tutta la colonna è decisamente aumentata, tranne uno strato di inversione di appena 400 metri: a quell’ora, le precipitazioni – che si manifestavano in genere sotto forma di pioviggine, almeno sull’alta pianura – a dispetto della temperatura ancora bassa al suolo non potevano più essere nevose perché al di sopra dell’inversione si avevano ormai quasi 5 gradi, e lo zero termico era salito oltre i 1000 metri.
Vediamo le conseguenze di questa nevicata da scorrimento, sugli accumuli rilevati dalla rete del CML.
Gli accumuli più abbondanti sulla bassa pianura e sulla Valtellina sono indicativi di una maggior “tenuta” del cuscino freddo, per quanto debole esso fosse (non si è trattato di un classico e potente cuscino padano quale si forma dopo le irruzioni gelide di aria continentale).
E’ invece tipico delle “sciroccate” l’intervento della pioggia, fin dalle prime ore, sull’estremità orientale della regione, dove le temperature si innalzano subito all’arrivo delle correnti meridionali.
Le correnti poi incontrando le prealpi vengono deviate verso ovest ed erodono il cuscino , solitamente, prima sul bresciano, poi sul bergamasco e sulla Brianza.
In questo evento, tuttavia, contrariamente alle attese, le precipitazioni nevose si sono attardate sul bresciano, indicando un’entrata dello scirocco più incerta del previsto.
Il fatto può essere spiegato con l’osservazione dei gradienti di pressione tra l’area padana ed il centro della depressione mediterranea. Mentre quest’ultima rimaneva pressoché costante in posizione e profondità del minimo, la pressione in Valpadana continuava a scendere, così che ad una certa ora la “spinta” dello scirocco si è indebolita per il diminuito gradiente.
Si osservi la sinottica alle ore 5, inizio delle precipitazioni, in cui tra Brescia ed Ajaccio ci sono 19 hpa di differenza:
la fase di massima spinta dello scirocco, alle ore 12, con pioggia a Brescia, ma con gradiente che si è ridotto a 11 hpa:
e la fase di arretramento dello scirocco, un’ora dopo, in cui le isobare tendono a chiudersi sulla valpadana occidentale, e Brescia segnala di nuovo neve, con vento che si è orientato a ovest:
Episodio del 1 dicembre: nevicata da fronte freddo
In questo terzo caso, si è verificata un’altra classica sequenza: la precipitazione, decisamente di tipo piovoso (con neve in montagna) si trasforma in neve al passaggio del fronte freddo, per il semplice sopraggiungere di aria più fredda a tutte le quote.
In genere, la trasformazione avviene al termine dell’episodio, e la distribuzione dei fenomeni ha caratteristiche tipicamente altimetriche.
Alla mezzanotte del 1 dicembre le termiche a 850 hpa non sono favorevoli; tuttavia anche in questo caso i geopotenziali sono molto bassi, e quindi avere –0,5° a 850 hpa vuol dire avere uno zero termico a 1300 metri.
E’ tuttavia in transito una perturbazione che ha creato ed approfondito un minimo sul mar ligure, ed è seguita chiaramente da aria fredda in quota.
A precipitazioni già iniziate (piovose sotto i 1000 metri) la colonna d’aria risulta già satura:
La pioggia cade abbondante con temperature che in pianura si aggirano sui 5 gradi; tra le 8 e le 9 la temperatura comincia a scendere in tutta la regione, e nelle aree altimetricamente più favorite, avvicinandosi al valore di 1 – 2 gradi, avviene la trasformazione in neve, che nelle fasce superiori a 300 metri di quota consente anche accumuli mente al di sotto risulta sporadica e si ritrasforma presto in pioggia al diminuire dell’intensità.
Il sondaggio delle ore 12 mostra come la colonna sia sempre sostanzialmente satura, ma lo zero termico è comunque sceso di alcune centinaia di metri (fino a quota 576).
La sequenza temporale dei due sondaggi mostra come tutta la colonna si sia raffreddata mediamente di tre gradi, per l’ingresso dell’aria postfrontale a tutte le quote.
Gli accumuli nevosi di questo terzo episodio rispecchiano quanto descritto prima:
La neve a bassa quota si è vista solo sull’alta pianura centro-occidentale, Milano compresa; mentre gli accumuli sono stati segnalati solo nelle zone collinari, escluse le fasce dei laghi. Ben innevata la Valtellina, e, in proporzione alla quota, tutti i rilievi dato che l’apporto precipitativo è stato comunque notevole (sull’ordine dei 50 mm in media, distribuiti in tutta la regione), interamente trasformati in neve al di sopra dei 7-800 metri.
E perché altre volte non è nevicato?
Un piccolo esempio di confronto, per capire come mai tante altre volte con numeri apparentemente simili a questi, la neve non è riuscita a cadere.
Fra il 3 e il 4 febbraio di quest’anno ci sono state intense precipitazioni, mediamente superiori ai 30 mm in 24 ore; in pianura la pioggia è caduta con temperature intorno ai 5 gradi. Videro la neve solo le solite valli varesine, il canton Ticino, e qualche fiocco nell’oltrepo’(singolare segnalazione solo un temporale di neve a Voghera). Altrove, accumuli solo oltre i 600 metri.
I parametri erano: zero termico a 850 metri; -3,1 a 850 hpa. Tuttavia osserviamo il sondaggio alle 12 del giorno 3:
Colonna satura fino a 2900 metri, sormontata da uno strato di aria secca; il punto di rugiada è sopra zero fino alla quota dello zero termico.
Aggiungiamo che la quota degli 850 hpa è posta a oltre 1500 metri: come dicevamo all’inizio, i -3 in questa situazione sono molto più lontani (dal suolo) dei -3 del giorno 24 novembre, ben 200 metri più in alto.
Ecco la mappa a 850 hpa alla mezzanotte del 4:
Da qui si conferma che i geopotenziali non sono bassi, nonostante le correnti siano favorevoli alle precipitazioni; inoltre l’area con meno di zero gradi a 850 hpa è estremamente circoscritta e isolata. Inoltre, il fronte freddo in arrivo (corrispondente al limite tra l’area gialla e quella verde sulla Francia) ha una componente troppo occidentale per portare aria abbastanza fredda, ed è preceduto da un settore caldo (in giallo) troppo esteso che innalzerà ulteriormente le temperature in quota. Nessuna delle condizioni viste prima è presente in questa occasione, e così in tutte le occasioni “perse” degli anni passati (e di quelli futuri!).
Fonti:
Cartine accumuli: elaborazioni originali dei dati esclusivi della rete CML
Mappe sinottiche: www.wetterzentrale.com; www.meteocentre.com
Grafici stazione di Valmadrera: dati forniti da Matteo Dei Cas, elaborazioni di Matteo Negri