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L'ondata di gelo del Dicembre 2009 - 3ª parte   Inserito il› 20/01/2010 16.55.16

 
 
 
 

LA FASE DI RADDOLCIMENTO: UNA NEVICATA DEL TUTTO ATTESA

La nevicata che si è abbattuta sulla nostra Regione nel pomeriggio di Lunedì 21 Dicembre, ha costituito un evento del tutto atteso ed annunciato in sede di previsione con diversi giorni di anticipo: nonostante questo, i vari provvedimenti preventivi "anti-neve"adottati nelle nostre città si sono rivelati spesso scarsamente efficaci, tanto che la "Dama Bianca", ha creato come sempre numerosi disagi alla viabilità ed ai trasporti pubblici, già appesantiti dal traffico caotico pre-natalizio. La neve è comunque caduta come un logico epilogo, o meglio "una via d'uscita quasi obbligata" da un'ondata di freddo, che stante alle notizie diffuse dai media, aveva attanagliato il paese in una "morsa di ghiaccio".
Tecnicamente possiamo dire di avere assistito effettivamente ad un'abbondante nevicata classificabile tra quelle da raddolcimento, che in questo caso specifico è stata avvantaggiata - come negli eventi più importanti - dal sussistere di un cuscino freddo molto robusto, costituito da "temperature di partenza" eccezionalmente basse.
Volendo essere più precisi, la neve si è riproposta in due episodi distinti e ravvicinati, caratterizzati in entrambi i casi da un intenso ingresso perturbato sospinto in un letto di correnti da SudOvest, che ha nettamente favorito i settori settentrionali della Regione, grazie all'azione di sbarramento orografica (Stau) offerta dalle Prealpi.
Nella mappa sottostante possiamo infatti distinguere l'area più nevosa nell'Alta Pianura: lungo l'asse pedemontano Varese-Como-Lecco-Bergamo, ma anche in Brianza, sono caduti i quantitativi in assoluto maggiori: in poco meno di quarantotto ore è stato raggiunto un accumulo complessivo di 30-40 centimetri, dei quali almeno tre quarti si sono concentrati in poco più di otto ore, proprio nel pomeriggio del 21 Dicembre.
Accumuli altrettanto abbondanti sono stati registrati lungo i versanti meridionali delle Alpi Retiche (dalla Valchiavenna all'Alta Valtellina), sulle Orobie Bergamasche, in Valcamonica: tutto questo ovviamente, non per cause attribuibili all'altimetria, stante le temperature ovunque molto basse, ma proprio per la maggiore presenza di precipitazioni a ridosso dei rilievi esposti al flusso sudoccidentale e nella pianura adiacente.
Gli accumuli sono quindi diminuiti gradualmente allontanandosi verso Sud, tanto da raggiungere un valore medio dell'ordine di 10-20 centimetri complessivi sulla media pianura, quindi inferiori ai 10 centimetri nella "Bassa", soprattutto nelle aree limitrofe al Piemonte e all'Emilia. Nei settori meridionali della Regione la neve è stata sostituita nella notte a cavallo del 22-23 Dicembre da una pioggia congelantesi (Vetrone) che ha formato una specie di glassa sopra la neve caduta fino a poche ore prima; nello stesso momento una nuova nevicata, questa volta costituita da fiocchi decisamente più bagnati, ha apportato un modesto accumulo (in media altri 3-5 centimetri) lungo la Fascia Pedemontana, sconfinando per la seconda volta a distanza di poche ore anche nei centri urbani più miti di Como e Lecco.
 
 
 
21-23 Dicembre 2009 - Accumulo totale di neve in Lombardia - Elaborazione di Bruno Grillini sulla base dei dati della rete stazioni CML
 
 
 
Nell'animazione satellitare sottostante possiamo osservare la dinamica di entrata ed il percorso della prima perturbazione, quella del 21-22 Dicembre, che ha apportato la nevicata più abbondante e di migliore qualità. L'esteso fronte caldo della depressione ha abbordato da Ovest-SudOvest la nostra Regione con le nubi stratificate più alte già alle luci dell'alba; nel corso della mattinata la nuvolosità si è gradualmente ispessita ed i primi nuclei nevosi sono sopraggiunti attorno a mezzogiorno, per estendersi nel pomeriggio su tutta la Regione con intensità moderata. Nel tardo pomeriggio, a partire dallo scatto delle 1700Z, si è osservato un diradamento graduale della nuvolosità in estensione dall'Oltrepo Occidentale, forse per una parziale ombra pluviometrica.
Nel corso della serata si è distaccato un corpo nuvoloso più intenso che si è mosso con decisione verso NordEst in direzione delle Alpi, mentre il resto della nuvolosità - quella presente sulla Bassa Pianura - ha continuato la sua corsa verso Est, a latitudini più basse. In effetti le precipitazioni nevose hanno inisistito sulla Pedemontana fino alle prime ore della notte, quando poi (dallo scatto 0100Z del giorno successivo) sono sopraggiunte delle schiarite anche sui settori settetrionali della Regione.
 
 
 
21-22 Dicembre 2009 - Animazione Metosat nell'infrarosso: zoom sull'Italia - FONTE: www.sat24.com
Per visualizzare la moviola cliccare sopra l'immagine
 
 
 
Nel seguente scatto Radar osserviamo nei dettagli la distribuzione delle precipitazioni, quando verso le 18 ore locali la nevicata si è intensificata, paralizzando letteralmente la viabilità in tutti i nostri grandi centri urbani con pesanti disagi, proprio nel momento di punta. E' oltremodo evidente la presenza di due importanti nuclei precipitativi: il primo è quello "pilota" che si è rigenerato sul Mar Ligure, mentre il secondo è quello che si è ricostituito sulla medio-alta pianura investendo Milano, Como, Varese e Bergamo. La Bassa Pianura è stata interessata da precipitazioni nettamente più deboli, riparata per la presenza dell'Appennino dal movimento dei nuclei che risalivano dal mare, con traiettoria di ingresso da SudOvest in direzione dell'Arco Alpino. Possiamo quindi affermare con sicurezza il sussistere dell'azione di sbarramento a ridosso delle Prealpi, tale per cui le nubi ed i fenomeni più intensi si "sono accodati" (Stau) a partire dalla medio/alta pianura verso la fascia pedemontana.
 
 
 
21 Dicembre 2009; ORE 1700Z - Redar Precipitazioni ARPA PIEMONTE: fase più intensa della nevicata sull'Alta Lombardia - FONTE: www.meteoliguria.it
 
 
 
In quest'ultima animazione osserviamo invece il comportamento della seconda perturbazione, quella che forse in modo un po' più inaspettato ha riportato l'ultima nevicata dell'anno - in condizioni termiche al limite - su parte della nostra Regione nella notte a cavallo del 22 e del 23 Dicembre. La perturbazione, annessa ad un minimo di pressione che è sfilato a Nord delle Alpi, ha percorso una traiettoria nettamente più sudoccidentale della prima ed ha riproposto una nuova intensa azione di Stau sull'Alta Lombardia.
Entrando nei dettagli possiamo osservare una rapida risalita della nuvolosità dal mar Tirreno, annessa al settore caldo interno della depressione, con l'avanzata da SudOvest del fronte caldo vero e proprio (contraddistinto dalla forma a falce dell'avamposto del corpo nuvoloso) dal Golfo del Leone verso la Francia. In serata, verso le ore 19 locali, il cielo si è coperto su tutta la Regione e le prime precipitazioni hanno iniziato a risalire verso i settori settentrionali, per intensificarsi più tardi fino ad assumere gradualmente una tipologia nevosa. Nubi e fenomeni hanno interessato la Lombardia tra la tarda serata e le prime ore della notte, quando le prime schiarite hanno improvvisamente aperto il cielo a partire dai settori meridionali. Possiamo riconoscere negli scatti relativi alle ore 1 e 2 locali la risalita da SudOvest della banda nuvolosa netta, che corrisponde verosimilmente  al fronte freddo della perturbazione.
Il "termine fronte freddo" non deve traci in inganno, inducendoci a pensare ad un calo della temperatura: la massa d'aria che ha seguito il sistema frontale è stata decisamente più mite di quella originariamente presente prima dell'arrivo della perturbazione, tanto che a questo punto il freddo autentico è stato definitivamente scalzato. Nel corso del pomeriggio del 23 Dicembre l'ondata di gelo si è infatti ufficialmente conclusa con termometri ovunque in netto rialzo, quasi a preannunicare l'invasione delle piogge con l'arrivo della terza perturbazione. Nuove abbondanti precipitazioni si sono infatti abbattute su numerose regioni del Centro-Nord proprio in corrispondenza della festività di Natale e della Vigilia, con piogge che sono cadute anche sulle Alpi, a quote decisamente elevate per il periodo. L'ondata di maltempo natalizia ha imperversato pesantemente lungo l'Alto Tirreno, precisamente tra lo Spezzino e la Versilia, con pesanti allagamenti in provincia di Pisa e di Lucca e danni tanto ingenti da proclamare lo stato di calamità naturale.
 
 
 
22-23 Dicembre 2009 - Animazione Metosat nell'infrarosso: zoom sull'Italia - FONTE: www.sat24.com
Per visualizzare la moviola cliccare sopra l'immagine
 
 
 

RESISTENZA ED ASSOTTIGLIAMENTO DEL "CUSCINO FREDDO"

La fisica ci insegna che una massa d'aria tanto più è fredda, tanto più raggiungerà la saturazione contenendo una quantità di vapore specifico inferiore rispetto ad una massa d'aria più calda: questo comportamento è analogo a quello di una spugna più piccola che assorbe meno acqua e ad un certo punto non ne trattiene più. Sotto questo punto di vista il detto "Fa troppo freddo per potere nevicare" ha un fondamento di verità, dato che l'aria mite contiene in effetti una maggiore quantità di "materia prima" per lo sviluppo delle precipitazioni: ciò nonostante risulta più corretto applicare questo principio alle condizioni che sussistono in quota. Per assistere ad "una nevicata redditizia" dobbiamo infatti auspicare un'afflusso in quota di aria sufficientemente umido e mite, ma anche dei buoni moti verticali ascendenti, tali da sviluppare una copertura nuvolosa stratiforme sufficientemente estesa e consistente. Al suolo invece preferisco affermare che "Per avere una buona nevicata, non è mai abbastanza freddo" in quanto in ogni nevicata da scorrimento le temperature sono destinate inesorabilmente a salire, talvolta anche in maniera piuttosto rapida.
Il fatto che le nostre stazioni meteo abbiano registrato all'inizio della nevicata delle temperature ampiamente sottozero è, contrariamente ai popolari luoghi comuni, un buon punto di inizio per un evento significativo. Tutto questo sembra scontato per i meteorologi e gli appassionati, ma stando a quanto sentito dire dalla "comune gente di strada" questa convinzione non è per niente diffusa: le neve è infatti caduta a temperature molto basse, un'evenienza comunque piuttosto rara, dato che per l'appunto il clima della nostra Regione non è particolarmente rigido, come lo è invece buona parte dell'Europa.
L'analisi comparata del profilo termo/igrometrico nelle settantadue ore comprese tra il 20 ed il 23 Dicembre, sempre relative alle nostre Stazioni CML di Valmadrera e del sovrastante Monte Cornizzolo, è particolarmente utile nel valutare la dinamica del progressivo riscaldamento a quote di alta pianura e media montagna.
Il colpo d'occhio sui due tracciati evidenzia in ogni caso un andamento monotono crescente, ad eccezione della flessione temporanea avvenuta alla sera di Lunedì 21, in concomitanza alla prima nevicata.
Osservando proprio le ore precendenti all'evento nevoso - in particolare quelle della notte e del primo mattino, quando le nubihanno iniziato ad invadere il cielo - possiamo notare temperature addirittura leggermente più alte in montagna ed aria relativamente un po' meno umida, a testimonianza di una situazione iniziale di inversione termica.
Dopo mezzogiorno le prime precipitazioni hanno umidificato progressivamente la colonna d'aria, assestando il profilo termico ad una condizione di sostanziale omotermia che si è protratta costantemente per tutto il periodo preso in esame.
La neve è comunque caduta farinosa e leggera con temperature iniziali di oltre -4°C in entrambi le stazioni, poi nella tarda serata è iniziata di pari passo quell'inesorabile e rapida salita che ha portato la colonnina di mercurio a raggiungere la soglia dello zero entro il primo pomeriggio di Martedì 22. Nonostante la neve sia caduta in modo intermittente per tutta la notte, il richiamo mite ha riscaldato notevolmente la colonna d'aria, tanto che in circa sei ore la temperatura è risalita mediamente di un paio di gradi.
Dopo una tregua di alcune ore, sotto un cielo sempre imbronciato da nubi dense e basse, sono tornate le precipitazioni: dapprima è caduta una pioviggine mista a neve granulosa, infine in tarda serata con l'arrivo dei nuclei più intensi è ripreso a nevicare "a larghe falde"
L'intensificazione della nevicata è resa evidente da una nuova flessione termica fino a valori debolmente negativi nelle prime ore della notte di Mercoledì 23, quando la neve è tornata ad imbiancare la Fascia Pedemontana.
Dopo il passaggio della seconda perturbazione è entrata aria decisamente mite soprattutto in quota, per cui la temperatura è risalita definitivamente in modo importante fino a raggiungere, complice questa volta anche qualche occhiata di sole, valori ben superiori allo zero: l'ondata di gelo si era a questo punto "ufficialmente" conclusa.
 
 
 
21-23 Dicembre 2009 - Andamento T e DP delle stazioni CML M.te Cornizzolo e Valmadrera - Elaborazione: Matteo Negri
 
 
 
Dal punto di vista termodinamico queste "due nevicate da raddolcimento" si sono discostate notevolmente dalla maggior parte delle nevicate dello scorso inverno 2008/2009, caratterizzate da "minimi bassi" sul Tirreno e da ingressi miti al suolo, tali da mantenere lontani i corpi nuvolosi consistenti, riducendo nello stesso tempo l'estensione del cuscino freddo.
Questa volta i minimi di pressione sono stati trascinati in un letto di correnti sudoccidentali, per cui le perturbazioni hanno attraversato completamente il nostro Territorio. L'assenza dello Scirocco, che entra in Pianura Padana dall'Adriatico senza incontrare ostacoli orografici, ha permesso al cuscino freddo di resistere per almeno 36-48 ore a partire dall'inizio del cambio di circolazione. L'aria fredda è resistita quasi indisturbata in pianura per molte ore, essendo rimasta imprigionata dalla chiostra montuosa che circoscrive il Catino Padano. Il Libeccio, data la conformazione orografica del nostro Territorio, non è riuscito a rimescolare rapidamente gli strati d'aria prossimi al suolo, per cui il "cuscino freddo" non è stato eroso ma si è assottigliato progressivamente dall'Alto.
Per potere ricostruire la dinamica dei due passaggi perturbati è indispensabile iniziare da una reanalisi delle mappe sinottiche al suolo, nella seguente ricostruzione animata della distribuzione della pressione con scatti di sei ore.
Come possiamo osservare, durante tutta la giornata di Lunedì 21 Dicembre è mancato sui mari circostanti all'Italia un minimo di pressione ben definito: un flusso sudoccidentale ha invece invaso progressivamente la Francia, conquistando lentamente il Golfo Ligure. In Pianura Padana il tempo è peggiorato, mentre la pressione continuava insolitamente ad aumentare: l'aria massa d'aria fredda, più densa, si è nettamente distinta da quella più mite che nel frattempo iniziava a guadagnare progressivamente spazio da SudOvest. In altre parole un'ansa anticiclonica termica si è forgiata sullo stampo del nostro Catino Padano, per cui le correnti miti non hanno potuto fare altro che sorvolarvi sopra, condensando tutto il loro contenuto di vapore specifico, seguendo esattamente il meccanismo di sviluppo di un fronte caldo.
Il dislivello di pressione venutosi a creare a causa delle differenti condizioni termiche createsi tra la Pianura Padana ed il Mar Ligure, ha messo in moto un richiamo settentrionale che è sceso dall'Oltrepo in direzione dell'Appennino. Aria gelida "di estrazione del tutto padana" è quindi traboccata dai valichi più bassi dei Giovi e del Turchino, per cogliere alle spalle il Capoluogo Ligure, dove la temperatura è scesa sottozero.
Nella prima parte della giornata di Martedì 22 Dicembre si è invece assistito ad una "fase di stanca" su buona parte della Regione, sebbene le correnti in quota siano rimaste costantemente orientate da SudOvest, avvettando continuamente aria sempre più mite sopra la Pianura Padana. La pressione al suolo è diminuita costantemente, a testimoniare per l'appunto un graduale assottigliamento dello strato di aria fredda: una condizione che naturalmente ha deteriorato le condizioni termiche della colonna d'aria favorevoli alle nevicate.
Nel corso del pomeriggio si è invece organizzato un minimo di pressione nettamente più definito sulla Provenza: la depressione si è mossa rapidamente verso NordEst, percorrendo una traiettoria a Nord delle Alpi. Il percorso della depressione ha inevitabilmente riattivato in serata un rinforzo del flusso sudoccidentale che ha letteralmente trascinato la nuvolosità più intensa verso i settori settentrionali della Regione, dando vita nuovamente ad un significativo effetto Stau sulla Pedemontana.
Lo sviluppo ed il trasferimento di una figura depressionaria più organizzata ha quindi incrementato anche la ventilazione nei bassi strati, che quindi ha iniziato a penetrare nel cuscino freddo, rimescolando la massa d'aria. Le temporanee schiarite avventute nella mattinata di Mercoledì 23 Dicembre hanno rotto completamente l'inversione termica, permettendo alle correnti miti di scalzare le ultime rimanenze del freddo che aveva "resistito stoicamente" nelle zone più basse della pianura. La completa sostituzione della massa d'aria gelida continentale con quella mite di estrazione marittima è testimoniata dall'ultimo scatto dell'animazione sinottica. La presenza di una residua saccatura estesa all'Austria fin sulla Pianura Padana, non è stata dovuta solo alla distanza più ravvicinata alla depressione principale, ma anche alla presenza di aria più umida e mite che ha alleggerito le prime decine di metri della colonna d'aria.
 
 
 
21-23 Dicembre 2009: ricostruzione sinottica pressione al suolo con scatti di tre ore - FONTE: Meteo Aeronatuica Militare
 
 
 
Il riesame dei campi vento e delle isoterme è molto utile nel valutare la tenuta di un cuscino freddo: non è sufficiente il riesame della canonica superficie di 850 hPa, ma è necessario valutare almeno uno-due "livelli critici" sottostanti. Per tale ragione ho ricostruito un'animazione sovrapposta nello stesso istante sia per la grandezza del vento che della temperatura, relativa al livello del suolo, di 950 hPa (corrispondenti in questo caso a quote collinari, collocabili tra i 450-500 metri) e di 850 hPa (in questo caso collocata a quote assimilabili alla media montagna, tra i 1300-1350 metri). Tengo a precisare che in questo caso non disponiamo di mappe sinottiche, ma di LAM: la scelta è rivolta alla mappa di inizializzazione del MOLOCH, un modello ad elevata risoluzione che tiene conto con minore approssimazione possibile dell'orografia.
Di seguito ripercorriamo tre fasi del peggioramento, comprese tra la notte del 21 e del 23 Dicembre.
 
21 Dicembre ore 03:00 UTC - fase precedente alla prima nevicata
- Le temperature nella seconda parte della notte - dopo una prima parte caratterizzata da cielo poco nuvoloso - si sono distribuite più o meno omogeneamente al suolo su valori attorno ai -4/-6°C grazie all'arrivo delle prime nubi che hanno iniziato a conquistare il cielo, appiattendo il calo termico per irraggiamento. Salendo a quote più elevate la temperatura si è mantenuta pressocchè sugli stessi valori presenti in pianura, compresi tra i -5/-6°C al livello di 850 hPa. Il cuscino freddo si è quindi distribuito in modo pressocchè uniforme su tutto il Catino Padano presentandosi molto solido, tanto da sembrare inverosimilmente attaccabile dall'invasione di aria marittima
- Il vento al livello del mare si è disposto da SudOvest (Libeccio), ma nel risalire verso la Pianura Padana ha trovato la strada sbarrata dall'Appennino Ligure-Emiliano fino a quote "critiche" che il modello prende benissimo in considerazione alla superficie di 950 hPa. Il vento sulla nostra Regione nei primi 500 metri di quota è risultato molto debole ed orientato da Est.
A quote più alte, già corrispondenti al livello di 850 hPa il modello non ritiene più valida la componente orografica dell'Appennino che viene approssimata mediamente ad altitudini inferiori ai 1200 metri. Possiamo quindi osservare una corrente sudoccidentale che è iniziata ad entrare "in modo invasivo" sulla Pianura Padana.
 
 
 
21 Dicembre 2009 - Analisi MOLOCH in sovrapposizione di Temperature e Vento al suolo, 950 ed 850 hPa
FONTE: www.isac.cnr.it - Elaborazione Matteo Dei Cas
 
 
 
22 Dicembre ore 03:00 UTC - fase finale della prima nevicata
- Le temperature al suolo si sono lievemente innalzate in maniera omogenea a valori compresi tra i -2/-4°C, pur con una tendenza a raggiungere lo 0°C sulle Coste Venete e Romagnole. Aria gelida è invece traboccata attraverso i valichi più bassi dell'Appennino nel Golfo di Genova, raffreddando verosimilmente la costa compresa tra il Capoluogo Ligure ed il Savonese a valori debolmente negativi.
Il processo di raffreddamento per umidificazione della colonna si è ormai completato e lo strato freddo ha iniziato un lento ed inesorabile processo di erosione dall'alto, con aumento delle temperature sensibile già a quote collinari; l'aria gelida invece, essendo per sua natura densa e pesante, si è spinta sempre più in basso verso la Pianura.
Il riscaldamento si è presentato comunque più deciso in quota, come evidenziato dall'isoterma di 0°C ad 850 hPa che ha già largamente conquistato la pianura dell'Emilia Romagna.
- Il vento con buone probabilità è risultato assente o debole di direzione variabile sulla Pianura, con una certa tendenza invece ad affluire dall'Oltrepo verso la Costa Ligure. E' invece verosimile che a 300-600 metri di quota le correnti si siano disposte da Nord, trasportando aria più mite deviata a ridosso delle Prealpi da un debole afflusso marittimo proveniente  dall'Adriatico.
Alle quote superiori, oltre lo spartiacque appenninico, il flusso sudoccidentale si è notevolmente intensificato, al punto da aggredire il limite superiore del cuscino freddo. Il processo di riscaldamento si è compiuto in maniera piuttosto rapida sulla pianura orientale, proprio perchè su questi settori le correnti hanno sorvolato l'orografia appenninica (relativamente bassa) senza particolari difficoltà. Questo invece non è accaduto sui settori centro-occidentali, perchè le correnti di Libeccio non sono riuscite a superare le Alpi Marittime e Cozie, come evidenziato nella mappa ad 850 hPa. Il limite superiore del cuscino freddo sopra il Piemonte e la Lombardia Centro-Occidentale non è quindi stato attaccato facilmente dall'invasione mite così come è invece accaduto sul Veneto, sull'Emilia e sui settori orientali della nostra Regione.
E' interessante immaginare lo svuotamento di massa che si è creato sottovento alle Alpi Occidentali, laddove era presente un'area in ombra pluviometrica sulla componente sudoccidentale che ha dato origine ad un minimo relativo di natura orografica: questo si è comportato come un centro di convergenza tale da richiamare le correnti da SudOvest che avevano sorvolato l'Emilia-Romagna, costringendole dapprima ad orientarsi da Sud, poi da SudEst fino ad incontrare le Prealpi; a questo punto il flusso è stato deviato dall'orografia (Flow Around) rientrando da Est/NordEst verso il Piemonte.
Forse questo giro più lento della corrente ha contribuito a ritardare il riscaldamento in quota, mentre al suolo le condizioni si sono mantenute ancora pressocchè inalterate su tutti i settori della pianura, cosa che invece non avviene con i venti da SudEst (Scirocco) che invadono prepotentemente il Catino Padano centro-orientale senza incontrare alcun genere di ostacolo.
 
 
 
22 Dicembre 2009 - Analisi MOLOCH in sovrapposizione di Temperature e Vento al suolo, 950 ed 850 hPa
FONTE: www.isac.cnr.it - Elaborazione Matteo Dei Cas
 
 
 
La mappa relativa alla distribuzione regionale degli estremi termici massimi del 22 Dicembre è decisamente significativa, al fine di discriminare le aree della Lombardia che hanno mantenuto le temperature sottozero per tutta la giornata, ovvero quelle a rischio obiettivo di Gelicidio. La pioggia congelantesi ha probabilmente dilagato sulla Bassa Pianura forse anche più di quanto indicato nella mappa relativa alle precipitazioni, ma essendo la medesima una segnalazione visiva e non strumentale potrebbe anche essere stata un po' sottostimata.
Lo strato di aria gelida (area verde) è rimasto infatti ampiamente distribuito dalla media alla bassa pianura, compresa buona parte del Milanese e del Pavese, tutto il Lodigiano, quasi la totalità del Cremonese e del Mantovano, ed infine la Bassa Bresciana. Temperature diffusamente sottozero soprattutto in Emilia Romagna: un fatto, questo, che dimostra la totale assenza dello Scirocco.
Osservando attentamente la mappa, possiamo osservare che, questa volta in via eccezionale, sono state rappresentate anche le temperature relative alle stazioni di montagna: generalmente il freddo in quota "disturba" la rappresentazione cartografica delle isoterme che viene rappresentata ad un solo livello, relativo per l'appunto alle quote di pianura e collinari.
Questa volta però l'intento era quello di evidenziare un gradiente termico verticale del tutto inesistente (omotermia) o addirittura una marcata inversione termica. Le aree più miti, oltre che naturalmente quelle rivierasche dei nostri laghi, sono state insolitamente quelle di montagna. Decisamente elevate quindi le temperature rilevate sui nostri monti, specialmente nei settori compresi tra il gruppo delle Orobie, la Valcamonica e le Prealpi Gardesane con valori massimi dell'ordine dei 2/4°C distribuiti fino a 2000 metri di quota. E' davvero notevole il comportamento delle temperature registrate in Alta Valtellina, paragonabili alla Brianza, in particolare l'aria mite che ha raggiunto il Livignasco: il "Piccolo Tibet di Lombardia" è stato interessato da un tipiedo effetto favonico (temperature massima di 2,5°C) e dall'assenza di precipitazioni, comportandosi a tutti gli effetti (dal punto di vista climatico) proprio come l'unico comune di Italia situato a Nord dello Spartiacque Alpino. La rinomata località sciistica ha dovuto purtroppo fare i conti anche con la pioggia (a tratti mista a neve) proprio alla Vigilia di Natale: ben 17.6 mm caduti con una temperatura compresa tra -1.0°C e 3.8°C. Situazioni climatiche di questo tipo in una valle incastonata nelle Alpi a 2000 metri di quota sono davvero anomale, almeno quanto lo è stato il freddo registrato pochi giorni prima sulle nostre pianure!
 
 
 
22 Dicembre 2009 - Temperature massime in Lombardia - Elaborazione di Bruno Grillini sulla base dei dati della rete stazioni CML
 
 
 
23 Dicembre ore 03:00 UTC - fase finale della seconda nevicata
- Le temperature al suolo si sono mantenute ancora su valori attorno a 0°C (o lievemente inferiori) sia pure con una tendenza maggiore a salire sull'estrema Pianura Padana Orientale, tagliata "quasi chirurgicamente" lungo i confini idrografici che delimitano la nostra Regione. Il riscaldamento in quota è invece continuato in modo costante ed inesorabile, manifestandosi proporzionalmente più intenso al livello di 850 hPa che non quello intermedio di 950 hPa. L'incremento delle temperature in quota si è verificato più lentamente man mano che ci si allontanava da NordOvest in direzione SudEst. La Bassa Lombardia - compreso questa volta il Pavese, cosa che non avviene con lo Scirocco - si è trovata sotto uno strato termico positivo importante in un punto critico della colonna d'aria, mentre sui settori NordOccidentali il limite superiore del cuscino freddo si è eroso molto più lentamente. Volendo tracciare una linea grossolana di confine potremmo affermare che a Nord e ad Ovest di Milano le temperature in quota si è conservate su valori decisamente più favorevoli ad una seconda nevicata, che di fatto è avvenuta questa volta però in condizioni al limite.
- Il vento in pianura, a prova della resistenza di un dell'ormai ridotto ma tenace cuscino freddo, è risultato assente o molto debole, proprio perchè l'aria mite ha continuato a galleggiarvi sopra senza riuscire ad penetrarvi in maniera efficace. A quote superiori invece il flusso sudoccidentale è continuato a scorrere in modo aggressivo per ricomporsi subito dopo avere scavalcato, e soprattutto sorvolato, l'Appennino. Verosimilmente l'ombra orografica appenninica ha ostacolato le precipitazioni nelle terre d'Oltrepo (cadute a questo punto sottoforma di pioviggine), concentrando tutti i fenomeni sulle Pedemontane, grazie ad un nuovo organizzato ed intenso effetto Stau.
 
 
 
22 Dicembre 2009 - Analisi MOLOCH in sovrapposizione di Temperature e Vento al suolo, 950 ed 850 hPa
FONTE: www.isac.cnr.it - Elaborazione Matteo Dei Cas
 
 
 
 

NEVE, GRAUPELN E "FREEZING RAIN"

Con l'ingresso della seconda perturbazione, nella notte a cavallo del 22-23 Dicembre, sono state osservate tre differenti tipologie di "idrometeore invernali": in effetti se sulla fascia pedemontana è sopraggiunta una nuova nevicata, sulla medio-alta pianura è invece comparso il Graupeln ed infine su buona parte "della Bassa" è scesa una fine pioggia gelata che ha formato uno strato di ghiaccio al suolo.
Il riesame comparato dei tre radiosondaggi ci permette di comprendere le condizioni decisive per lo sviluppo di questi fenomeni atmosferici.
Osserviamo il Radiosondaggio di Milano Linate, relativo al pomeriggio del 22 Dicembre, in una fase di intervallo tra le due perturbazioni. In quel momento non era ancora presente una nuvolosità tanto significativa da apportare precipitazioni, tali da raffreddare la colonna d'aria, nè tanto meno era attesa una minima avvezione di aria fredda.
La colonna d'aria era ampiamente deteriorata rispetto alle dodici ore precedenti, evidenziando uno strato di sostanziale omotermia (ormai in condizione di saturazione di vapore) piuttosto precario tra il suolo ed i primi 2000 metri di quota: l'immissione di ulteriore aria mite in un qualsiasi punto della colonna "avrebbe potuto tagliare il cuscino freddo come una lama nel burro" e compromettere completamente la conservazione dei fiocchi di neve durante la loro caduta al suolo. La "Dama Bianca" è invece tornata a farci visita, imbiancando in maniera piuttosto inaspettata l'alta pianura, grazie ad una nuova intensificazione delle precipitazioni.
Per le ragioni annesse alla barica che abbiamo già analizzato, dopo la "fase di stanca" del pomeriggio, le correnti si sono nuovamente disposte da SudOvest, riorganizzando lo Stau lungo la Fascia Pedemontana: in queste zone l'elevato rateo di piovosità ha sfruttato l'equilibrio omotermico, favorendo quindi la nevicata.
Le precipitazioni hanno in parte vinto la loro battaglia in uno strato critico, precisamente quello compreso tra i 200-600 metri di quota, dove la curva di stato della temperatura si è avvicinata notevolmente al punto di fusione. Nelle ore del pomeriggio, forse a causa del minimo di pressione che stava organizzandosi sulla Provenza e che poi nel suo percorso ha reintensificato le correnti da SudOvest, un richiamo settentrionale si è inserito - almeno temporaneamente per poche ore - nello strato critico. Questo afflusso di aria più mite, essendo alquanto debole e leggero, si è limitato a galleggiare sopra il cuscino gelido più pesante che ristagnava sopra la pianura, senza intaccarlo. Questo comportamento delle correnti potrebbe spiegare le cause del lieve e temporaneo innalzamento termico nelle aree collinari del Varesotto, del Comasco e del Lecchese, mentre sulla pianura le temperature costantemente rigide hanno preparato il terreno al gelicidio. Si sarebbe trattato verosimilmente del "solito gioco" delle correnti (Flow Around) imposto dalla conformazione delle Prealpi e dalla posizione temporanea del minimo di pressione; di fatto a quote appena superiori il vento è deviato da SudEst, mentre già a 1500 metri ha riassunto la sua naturale disposizione da SudOvest: tutto questo è accaduto, come abbiamo ripetuto sopra, in una situazione che non ha nulla a che vedere con lo Scirocco.
 
 
 
22 Dicembre 2009; ORE 12Z - Milano Linate - Radiosondaggio Skew-t: possibile Neve - Elaborazione: software RAOB
 
 
 
Nello stesso momento le condizioni della colonna d'aria sulla Pianura SudOrientale erano totalmente differenti da quelle di Milano, in quanto l'azione limitata dell'orografia appenninica aveva permesso un pieno sfondamento del flusso da SudOvest in quota ed un perentorio riscaldamento.
Nelle campagne attorno a Bologna resisteva uno strato di aria gelida nei primi quattrocento metri della colonna d'aria, ma il medesimo era sormontato da uno strato positivo spesso oltre 1500 metri decisamente mite, con temperature che raggiungevano addirittura i 7°C attorno ai 1000 metri di quota. Un fiocco di neve non può assolutamente superare nel cadere un tale spessore di aria calda, per cui la fusione completa è risultata inevitabile. Questo passaggio di stato è del tutto irreversibile, per cui la goccia di pioggia nell'incontrare nei bassi strati di nuovo temperature negative, si è posato al suolo congelandosi.
E' inutile sottolineare quanto sia pericolosa questa idrometeora, che pur annunciando un imminente disgelo, ricopre ogni cosa in poco tempo, formando una glassa di ghiaccio dura come il vetro, tale da meritare il termine Vetrone, Verglas o più semplicemente "Freezing Rain". Si tratta fortunatamente di un fenomeno raro nelle nostre zone, che si presenta in effetti con relativa maggiore frequenza in Veneto ed in Emilia Romagna, ma solo eccezionalmente sui settori più riparati di NordOvest.
 
 
 
22 Dicembre 2009; ORE 12Z - Bologna, S. Pietro Capofiume - Radiosondaggio Skew-t: possibile Freezing Rain - Elaborazione: software RAOB
 
 
 
In serata, quando il riscaldamento in quota ha iniziato ad assumere importanza anche sui settori centro-occidentali, la colonna d'aria si è ulteriormente deteriorata, ad eccezione probabilmente dell'alta pianura dove le precipitazioni più intense continuavano a mantenere l'equilibrio della omotermia. A cavallo del 22-23 Dicembre a Milano è comparsa una forma di neve granulosa, nota in Germania come Graupeln o nei paesi anglosassoni come Snow Pellet.
Questa particolare idrometeora si forma generalmente in seguito alla parziale fusione del fiocco di neve ed il suo successivo ricongelamento dopo lo scontro con una goccia di pioggia allo stato sopraffuso: tale trasformazione necessita di uno strato intermedio positivo, ma non eccessivamente spesso. In genere i granuli di neve precipitano, spesso misti a gocce di pioggia, producendo un rumore caratteristico ed un modesto accumulo al suolo.
Il radiosondaggio di Milano Linate sembra proprio possedere i requisiti per una precipitazione di Graupeln, in quanto lo strato gelido presente ancora nei primi 1200 metri della colonna è sormontato da circa 800 metri di temperature sopra lo zero, che tuttavia non raggiungono i valori elevati che si erano presentati già 12 ore prima nei cieli di Bologna.
 
 
 
23 Dicembre 2009; ORE 00Z - Milano Linate - Radiosondaggio Skew-t: possibile Graupeln - Elaborazione: software RAOB
 
 
 
 
 

CONCLUSIONI

L'inverno 2009/2010, caratterizzato almeno per questa prima parte da un Vortice Polare disturbato e promettente ricorrenti irruzioni fredde sul nostro continente, ha regalato una storica ondata di gelo anche in Italia che si è protratta per una decina di giorni. Questo grazie a due irruzioni di aria artica-continentale, di cui la seconda più intensa, è entrata dall'inusuale porta del Rodano. L'aria gelida ha formato un cuscino che è stato prontamente utilizzato dall'azione atlantica, dando luogo al classico epilogo costituito da un'abbondante nevicata da raddolcimento dei tempi passati, proprio in prossimità di Natale.
La meteorologia non è comunque solo uno spettacolo, ma in primo luogo è una scienza: quali insegnamenti quindi possiamo trarre da questa avvincente fase dell'Inverno?
A scala globale
- Le irruzioni di aria fredda sul nostro Continente presuppongono un blocco della usuale circolazione zonale o semizonale che apporta masse d'aria temperata proveniente da Ovest: le configurazioni favorevoli ad una fase prettamente invernale si traducono quindi con l'anti-zonalità. Una discesa artica inizia con lo sviluppo di un blocco della porta Atlantica, seguito da una meridianizzazione ed infine una retrogressione della circolazione a larga scala.
La compattezza del Vortice Polare rafforza la zonalità, tanto da tracciare a grandi linee il profilo climatico evolutivo di un'intera stagione invernale: le ultime annate del decennio 2000-2010 si avvicinano come tendenza agli anni '70-'80 proprio perchè il Vortice Polare è spesso disturbato e vulnerabile, quel tanto da concedere ripetute fasi antizonali che preludono ad importanti irruzioni fredde in Europa. Sebbene le colate gelide non finiscano sempre e necessariamente a coinvolgere in maniera diretta il nostro Paese, le invernate contraddistinte da un'anti-zonalità offrono sempre spunti molto dinamici a scala continentale, che oltretutto possono anche rapidamente evolvere repentinamente "a nostro favore".
A livello generale
- Le condizioni di temperatura in quota condizionano sempre e comunque la situazione al suolo. Ciò nonostante in media e bassa troposfera i cambiamenti di temperatura avvengono più rapidamente che al suolo.
L'aria fredda sopraggiunge prima in quota, ma poi si propaga al suolo per irraggiamento/sedimentazione e soprattutto - in maniera più rapida e consistente - per caduta con le precipitazioni.
Allo stesso modo l'aria calda invade prima le quote alte ma, a meno che non sia sospinta da venti forti e trubolenti, è costretta ad affluire sopra l'aria fredda più pesante. Il riscaldamento dall'alto erode in maniere inesorabile l'aria fredda che ristagna nei bassi strati, assottigliando l'inversione termica.
- L'arrivo di aria secca rappresenta un potenziale raffreddamento: il calo della temperatura per irraggiamento o per evaporazione delle precipitazioni provoca sempre un aumento del contenuto di vapore e si arresta quanto più il sistema è lontano dal punto di saturazione. Questo permette di comprendere il contributo offerto dal Föhn sul riassestamento termico della colonna d'aria: il vento di caduta, apparentemente tiepido, promuove sempre un successivo raffreddamento dell'aria.
A scala regionale
- Le autentiche irruzioni di aria fredda si manifestano ovunque, anche nelle zone che notoriamente godono di un clima più mite, come le sponde lacustri ed i centri urbani: l'aria frizzante si fa sentire a tutte le quote, dai monti alla bassa pianura. Dal momento che si sviluppa un'inversione termica al suolo, l'irruzione fredda è ormai cessata, anche se di fatto i suoi effetti a bassa quota si potranno protrarre per altri giorni.
- Il microclima padano dovuto alla complessità della chiostra alpino/appenninica ha notevoli ripercussioni nel corso di una fase perturbata da raddolcimento. Le nevicate del 21-23 Dicembre sono avvenute sotto un afflusso sudoccidentale in quota: tale tipo di ingresso trova la strada aperta sopra l'Appennino, ma allo stesso tempo sbarrata dalle Alpi Marittime/Cozie. Al suolo invece la circolazione rimane pressocchè bloccata, per cui non vi è rimescolamento immediato nei bassi strati con rimescolamento d'aria. Tutto questo si traduce in un riscaldamento in quota sproporzionato rispetto al suolo sulla Medio-Bassa Pianura, mentre sui settori settentrionali della Lombardia il gradiente termico è sostanzialmente omotermico anche per un notevole spessore.
L'afflusso sudoccidentale provoca quindi Stau sull'Alta Pianura e quindi elevato rateo precipitativo che sfrutta l'omotermia della colonna d'aria favorendo nevicate quasi inaspettate, mentre sulla Bassa Pianura la neve fonde e la pioggia una volta giunta al suolo può congelare.
Il contrario avviene sotto un afflusso sudorientale, grazie ad un riscaldamento più sensibile dapprima al suolo ed una conquista delle piogge da Est verso Ovest, tendente a deviare da Nord verso Sud. L'aria calda si riscalda ovunque in quota in maniera più proporzionale a quanto avviene al suolo, per cui la trasformazione in pioggia segue le classiche regole dell'altimetria. Dato che queste situazioni di scirocco sono più frequenti, la nevicata precedente al Natale ha fornito un grosso risvolto didattico: una dinamica simile aveva per certi aspetti caratterizzato l'evento nevoso del Natale 2000, ma gli strumenti di studio a nostra disposizione - così come la capillarità della nostra Rete di Stazioni - erano purtroppo più limitati, o meglio non del tutto adeguati ad una approfondita reanalisi retrospettiva.
 
 
 
 
 
  
 
 
 
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