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La diffusione atmosferica: effetto Tyndall   Inserito il› 05/12/2010 21.08.07
 
La diffusione atmosferica: l'effetto Tyndall
 
 
 

 

L'effetto Tyndall può essere descritto come una sorta di spettro di luci e ombre attorno ai contorni di un soggetto

 
 
 
L'effetto Tyndall non è altro che la rappresentazione visiva di un fenomeno fisico molto comune detto diffusione (o scattering) di Mie. L'ipotesi è che le particelle raggiunte da onde elettromagnetiche (la luce inviata dal Sole) siano sfere o cilindri di qualsiasi dimensione. Succede in particolare con la polvere e le goccioline che formano le nubi le quali hanno dimensioni da 6 a 600 volte la lunghezza d'onda della luce visibile (0,35-0,75 nanometri).

 

 
 
 

Queste diffondono la radiazione in tutte le direzioni con la stessa intensità (fenomeno isotropo). Sapendo che la somma di tutti i colori nel campo delle luci è il bianco, ecco spiegato perchè le nuvole appaiono bianche. Le nubi spesso assumono anche toni più scuri: è dove, a causa dello spessore della nube, non è arrivata così tanta luce. Lo stesso accade se c'è un alta concentrazione di aerosol o umidità: il cielo tende a diventare bianco.
Questo però non è sufficiente - o meglio lo è - perchè diamo per scontata la presenza dei moti browniani (moti disordinati) delle goccioline in sospensione nell'atmosfera. Ciascuna particella segue un moto disordinato la cui natura appare essere indipendente da quella della gocciolina stessa e ciò è dovuto al fatto che la particella in questione subisce un gran numero di eventi di scattering (urti) da parte delle molecole del fluido in cui è immersa. Quanto più piccole sono le particelle tanto più rapido è il moto browniano. Questo moto contrasta la forza di gravità.

 
 
 

 
26-09-2010 Dettaglio sul moto browniano delle particelle d'acqua in un effetto Tyndall poco sopra l'orrido di Bellano (LC)
 
 
 

Se invece la dimensione delle particelle (in questo caso solo puntiformi) è inferiore alla lunghezza d'onda della luce si ottiene lo scattering o diffusione di Rayleigh. L'effetto principale di tale fenomeno è che le radiazioni a lunghezza d’onda più corta (violetto-blu) sono diffuse più efficacemente rispetto a quelle a lunghezza d’onda più lunga (giallo-rosso).
L'esempio più interessante è il colore del cielo. L'80-85% dei fotoni solari arriva a terra mantenendo intatta la luce bianca, ma gli altri si scontrano con le particelle dell'atmosfera e subiscono quindi scattering.
Invece, quando guardiamo verso il Sole al tramonto, vediamo il rosso e l'arancione. Ciò è dovuto al fatto che la luce, essendo ad un angolo sull'orizzonte piccolo, deve attraversare molto più obliquamente l'atmosfera facendo più strada, tanto che la diffusione è in grado di far fuori completamente la luce ad onda corta (violetta-blu) facendo sopravvivere solo quella lunga.

 

La tavolozza di colori di un tramonto non è altro che una scala delle distanze attraversate in atmosfera dalla luce.
9-2-2007, Porta di Prada, Grigna, (LC)

 

Un caso particolare è il green flash: un raggio verde che appare in prossimità del Sole nel momento del tramonto. Questo può essere visto solo sul mare o su grandi laghi. In questo caso le particelle d'acqua del mare che evaporano in atmosfera sono di grandi dimensioni e riescono così a "sequestrare" la radiazione ad onda lunga. L'unica radiazione superstite diventa quindi quella intermedia, di colore verde.

 
 
 
 
Fotografare l'effetto Tyndall
 
Non è semplice come può sembrare!
Serve che un raggio di luce impatti una superficie che permetta lo scattering e tale luce si proietti su un mezzo di Mie o simile. L'ideale è una superficie scura (meglio nera) di sfondo lungo la quale la luce "filtrata" scorra parallelamente o quasi. E' impossibile infatti vedere tale effetto mettendosi perpendicolarmente a esso sia in un verso che nell'altro. La superficie scura fornisce il giusto contrasto perchè, a volte, i raggi sono solo accennati. Per noi meteofotografi il mezzo di Mie sarà una nuvola, oppure la nebbia. In ambo i casi la nebbia deve essere abbastanza densa per massimizzare l'effetto, ma non al punto tale da impedire alla luce del Sole di penetrare con buona intensità. Uno dei luoghi migliori per osservare e fotografare l'effetto Tyndall è il bosco. Il profilo estremamente vario e complicato di ogni singola foglia o ramo interagisce meravigliosamente con la luce creando raggi e ombre molto ben visibili.

 

 
23-9-2005, Alpe Cainallo (LC)

 

Inoltre, l'umidità di un bosco rende più facile la creazione di piccole nebbie, soprattutto all'alba e soprattutto vicino a un fiume o a un piccolo lago. Ho scritto piccolo perchè tali bacini d'acqua sono in grado di creare regimi di brezze che, se troppo forti, possono inibire la formazione di nebbie e foschie.

 

 
26-09-2010, Orrido di Bellano (LC)

 

Fotografare i raggi di Sole in un bosco, magari all'alba è però impresa tutt'altro che semplice per via dei grossi contrasti di illuminazione. La prima idea potrebbe essere quella di sottoesporre in modo da focalizzare l'attenzione solo sul fenomeno ed evitare di avere fastidiose bruciature. La cosa potrebbe funzionare, ma di solito si vuole mostrare anche il contesto per dare un'idea delle dimensioni e ottenere qualcosa di più di qualche linea biancastra su uno sfondo nero. Se si sovraespone, invece, le già piccole differenze tra luce e ombre dovute alla deviazione dei raggi vicini, rischiano di annullarsi, ottenendo solo delle macchie bianche all'interno di un bosco. Si deve a tutti i costi diminuire il contrasto, affare non semplice con le macchine fotografiche digitali, soprattutto compatte, che dispongono di gamma dinamica inferiore rispetto a quelle analogiche. Cosa fare allora? La soluzione più efficace è di esporre più o meno correttamente i raggi di luce e utilizzare il flash per non perdere le ombre più scure. Bisogna stare molto attenti alla portata del flash: soggetti molto vicini rischiano di essere bruciati, soggetti lontani, a meno di avere flash addizionali di grande portata, rischiano di non ricevere la luce. Inoltre suggerisco di tenere il diaframma il più chiuso possibile e dilatare i tempi di esposizione. Chiudere il diaframma porterà come effetto collaterale ad un aumento della profondità di campo, che fortunatamente non contrasta coi nostri scopi, anzi, vi si intona. Se questo non dovesse bastare ancora, aumentate leggermente l'ISO (questo diminuirà il tempo di esposizione per catturare correttamente l'effetto!), ma sappiate che basta poco per pagare caramente questa scelta a prezzo di un aumento del rumore digitale. D'altro canto, chiudere il diaframma mentre si è in un bosco la mattina significa per forza servirsi di un treppiedi.
Un altro set tipico nella fotografia dell'effetto Tyndall è il cielo.

 

21-4-2006, Bellagio (CO)

 

Spesso, soprattutto d'estate e vicino alle montagne, è facile osservare l'effetto Tyndall conseguente alla presenza dei Cumuli. Perchè queste nubi in particolare? Perchè hanno dei contorni netti, che deviano la luce senza più di tanto assorbirla. La luce impatta la sommità di tali nubi e viene diffusa nell'atmosfera come "raggi" che si proiettano in cielo. L'atmosfera stessa quindi diventa mezzo di Mie. Come è logico aspettarsi questo avviene in particolare quando in cielo c'è molta umidità. La situazione ideale per avvistare il fenomeno sarebbe che a questa alta umidità in quota corrisponda una bassa umidità al suolo, altrimenti ulteriore scattering renderebbe i confini del soggetto meno definiti a noi che stiamo sulla superficie.

 
 
 

 
16-10-2004, Lecco

 

Tali raggi vengono sparsi in ogni direzione del cielo in dipendenza dalla forma della sommità del Cumulo, ma in generale l'effetto si manifesta più chiaramente se la nube è allineata tra Sole e osservatore ed ha piccole dimensioni poichè più ci si allontana dalla superficie di impatto più l'effetto si indebolisce. Fotografare tale situazione non è molto diverso dal fotografare gli aloni, con la differenza che spesso il Cumulo è abbastanza denso da schermare la luce del Sole e permettere una facile esposizione del cielo che ha luminosità abbastanza uniforme. In caso non fosse così, per facilitarsi si può sempre trovare un qualsiasi oggetto da frapporre tra lente e Sole. Come per gli aloni, la messa a fuoco va posta a infinito. Il filtro polarizzatore è sicuramente un utile alleato e un grandangolo va sempre tenuto a portata di mano perchè questi fenomeni potrebbero avere una grande dimensione. Anche in questo caso il soggetto evolve velocemente, quindi bisogna essere svelti, ma dato che non è necessario un treppiedi questo è un obiettivo decisamente non irraggiungibile. Cercate di tenere la saturazione su livelli alti perchè, come ho scritto in precedenza, l'effetto ottico principale di un fenomeno di diffusione è quello di far tendere al bianco la colorazione della luce incidente.
Spessissimo sono i profili delle montagne a fare da oggetto scatteratore, specialmente se l'aria in quota è umida.

 

 
8-9-2004, Lecco. Prima dell'alba, Monte Resegone

 

 

 
14-3-2008, Varenna (LC), crepuscolo, Monte Bregagno

 

Un po' più insolito è fotografare l'effetto Tyndall dovuto al movimento di polline, polvere o sabbia nell'aria. Le regole sono sempre le stesse. Se siete in un ambiente chiuso o quasi seguite gli accorgimenti del bosco, se siete all'aperto la situazione è assimilabile a quella dei Cumuli.

 

16-9-2009 Antelope Canyon, Page, AZ, Stati Uniti d'America

 
Effettivamente qualsiasi foto scattata all'esterno è un immagine dello scattering di Mie e quindi dell'effetto Tyndall. In qualsiasi situazione l'atmosfera diffonde la luce del Sole producendo l'effetto Tyndall, ma è più semplice accorgersene quando la vediamo deviata e scomposta da un mezzo intermedio in "raggi".

 

 
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